20 maggio
Samtredia (Georgia) -
Khasuri (Surami) - 130 di km. - (totali:
3217)
IN GEORGIA SIAMO TRE ORE AVANTI RISPETTO ALL'ITALIA. Quando in Italia sono le 9 del
mattino, qui è mezzogiorno. Quando saremo in Azerbaijan
resteremo nello stesso fuso.
Il precedente diario è stato preparato e spedito al
confine turco-georgiano, in attesa di varcare la
frontiera
E' il mattino del 21
maggio e siamo in ritardo notevole sull'aggiornamento. Proviamo a raccontare
perché e cosa è avvenuto dall'ultimo aggiornamento delle ore 13 del 19 maggio.
"Robe turche"! Niente di meglio per esprimere quello che è successo.
Eravamo rimasti alla frontiera turca, prima di entrare in Georgia, in attesa del cambio di uno dei due furgoni. Quando arriva
capiamo che la nuova "ditta" che ha fornito il furgone abilitato
all'espatrio ha imposto alla precedente agenzia di utilizzare due nuovi furgoni,
non uno. Così dobbiamo scaricare e ricaricare due volte e
non una. Le formalità alla frontiera non sono lunghe; per noi
ciclisti, anzi, sono velocissime, ma per gli autisti (che sono diventati tre
invece di due - chissà perché?) che devono ancora fare i visti per la Georgia,
sono più lente. Inoltre, su richiesta di Adil,
il nostro agente in Turchia, anticipiamo agli autisti "improvvisati"
500 dollari (che ci verranno rimborsati) per le spese di dogana, pernottamento,
etc. Alla dogana georgiana incontriamo ad attenderci un rappresentante della
federazione ciclistica: ci attendono anche, al di là delle
sbarre di frontiera, una quindicina di ciclisti, venuti da varie città
georgiane, per percorrere con noi la tappa. Ma, in virtù del
nuovo fuso orario, l'orologio è scattato in avanti di due ore. Sono le
17 quando siamo in Georgia, e i ciclisti son lì ad
attenderci dalle 10 del mattino! Ci scusiamo, spiegando
l'inconveniente, calorosi saluti fra tutti, quindi partiamo insieme per i rimanenti 120 km. della tappa.
Il sole è ancora alto, per fortuna, e fa caldo. Attraversiamo Batumi: un altro
mondo. La povertà e l'arretratezza economica del paese colpiscono
noi tutti. Un po' meno chi ha gia visto situazioni
analoghe 12 anni fa, pedalando verso Mosca, ma le mucche in mezzo alla strada
anche in città (pascolasno la magra erba dei marciapiedi), gli edifici
fatiscenti, tutta l'architettura e l'urbanizzazione fanno pensare ad un paese
appena uscito dalla guerra.
A
Kobuleti, nella piazza principale, incontriamo il governatore della regione che
ci dona dei piccoli bicchieri di legno con cui qui usano bere il loro vino
famoso. Sono le 19 quando partiamo, e mancano ancora 100 km a Samtredia. Le strade, qui, sono le peggiori in assoluto di quelle trovate, non
solo in questa spedizione, ma in tutta la nostra esperienza ciclistica.
E' maggiore la superficie stradale coperta da
buche che quella coperta da asfalto. La polizia
ci fa strada, bloccando le auto che arrivano in senso
contrario, così che noi ciclisti possiamo occupare tutta la carreggiata,
cercando ognuno, tra una buca e l'altra,
la giusta traiettoria. Siamo un piccolo esercito di cilisti che occupano in
lungo e in largo tuta la strada. Ci addentriamo nella campagna, fiancheggiando
la ferrovia, poi saliamo in collina: dove non c'è urbanizzazione il paesaggio e
la natura sono belli e lussureggianti, vergini, verdi.
Ci sono ancora soldati
sovietici qui in Georgia ma si nota pure la
"vecchia" presenza sovietica
quando vediamo fabbriche abbandonate, semidistrutte, assieme a vecchi carri
armati bruciati.
Intanto si fa buio.
Procediamo però velocemente, forse per la fretta di arrivare quanto prima,
illuminati dai fari delle auto dietro a noi e aiutati dall'auto della polizia,
davanti, che ci apre la strada. Il traffico è, comunque,
molto scarso. Le buche no, invece, tant'è che Nilo
fora per la sua terza volta (è in testa alla speciale classifica dei
"foratori"). Aspettiamo di vedere le luci di
Samtredia che ci indichino la meta della
giornata. Ci arriviamo alle 22.45, ma non ci sono luci,
la città è al buio. Da dentro le case si intravedono
fiochi lumini. Siamo alla stazione ferroviaria, grende edificio del passato
regime, dove sono state ricavate delle stanze alloggio
per i rifugiati delle regioni georgiane in conflitto con il governo centrale.
Ospiterà anche noi. Manca l'elettricità (razionata). Speravamo nell'acqua calda
per la doccia, ma non c'è proprio acqua, neanche fredda. Appiccicosi e sudati andiamo a cena a mezzanotte e a letto all'una. Nilo, ad
esempio, va a letto vestito esattamente come ha pedalato per l'intera giornata.
La mattina dopo sarà il primo, pronto per ripartire!
Siamo alla mattina del 20
maggio. Le nostre stanze si aprono, con finestroni non oscurabili, direttamente
sulla sala d'attesa della stazione. Così, nella notte,
qualcuno si è sentito tutti gli annunci degli arrivi e delle partenze dei treni.
Partiamo tardi, non avendo ancora recuperato il
disagio del cambiamento di fuso. Dpo 30 km. a Kutaisi, seconda città della
Georgia ed antica capitale, incontriamo il governatore per il solito scambio di auguri e doni. La città è fose la più
bella della Georgia, ricca di storia, cultura ed arte. E' un vero peccato non avere il tempo per una visita, anche solo
fugace. Incontriamo anche una decina di ciclisti che
si aggiungono a noi. Il tempo è buono e
ripartiamo verso le montagne che sovrastano Kutaisi e Khasuri. Ancora pasaggi "vergini", che invitano alla sosta e al
picnic. Stiamo risalendo un fiume Kvirila per scavalcare un passo a 1100
m. C'è una nuovissima galleria di 2 km. che attraversa la montagna (a pedaggio)
ma noi preferiamo salire lungo la vecchia strada e goderci la natura.
Nelle zone antropizzate
tutto cambia e lo sfacelo della guerra civile del 1993 è fin troppo evidente: ogni fabbrica distrutta, solo muri o pezzi di muro, sembra che nulla sia vivo ad
eccezione delle povere case abitate lungo la strada. Ciò nonostante la
Georgia ci sta dando delle buone
sensazioni, sia per le potenzialità che la terra
sembra avere, sia per la gente. Con Guram, il leader dei ciclisti che ci
seguiranno per tutto il percorso in Georgia, ho
partlato a lungo, per quasi tutta la tappa, della storia del suo paese e delle
prospettive future. C'era del profondo pessimismo nelle sue parole, ma parlando di ciclismo (della "nostra"
idea di ciclismo) e di valori come la natura, il tempo, il denaro ho capito che i nostri cuori battono all'unisono ed è viva
la speranza che il suo futuro, e quello dei tanti giovani come lui, possa
vedere realizzati i suoi sogni dentro la sua terra, e non in un altro paese.
La nostra marcia procede
su strade meno disastrate, ora le buche sono assai
diminuite anche se il fondo rimane sconnesso e granuloso tanto da mettere a
dura prova i nostri soprassella.
Il
nostro "hotel" stasera non è meglio di quello di ieri sera. Anzi. Non c'è ombra di acqua
nè di elettricità. C'è segnale GSM, ma non c'è il tempo di
aggiornare il diario. Arriviamo alle 19 a Surami (5 km da Khashuri) e
siamo accolti da un semplice ma commovente balletto di bambini e bambine, tutti
di nero vestiti, diretto dalla maestra del paese.
Fiori per noi, ma l'alloggio è quello che è. Certo, in proporzione alle proprie
risorse dobbiamo dire che la Georgia è stata
splendida, spontanea e generosa nell'accoglierci. Alle 20 ci accompagnano con
un pulmino a Borjomi, zona termale a 32 km. da Surami per fare almeno una
doccia, in un edificio mezzo diroccato che una volta era, probabilmente, un
centro termale. Ci voleva! Dopo visitiamo, in bellissimo parco, la residenza
estiva di Nicola II e di Stalin, ora utilizzata d'estate da ricchi signori in
vacanza.
Restiamo a cena lì a
Borjomi, ospiti degli amici georgiani. Tra un brindisi e l'altro (finalmante
assaggiamo il vino georgiano) vien fuori una serata indimenticabile. Torniamo
al nostro "hotel" a mezzanotte: andiamo a letto a palpo perché non
c'è nanche un lume di candela.
Il punto tecnico
19 maggio
Partenza ore 9.50 Arrvo ore 22.45
Ore di
corsa 6.45. Media 23 km/h
km. 127 (totali: 3344)
20 maggio
Partenza ore 9.40 arrivo ore 19
Ore di
corsa 6.16. Media 25 km/h
km. percorsi: 130
km. totali 3474